“La mostra Bertozzi & Casoni. Minimi Avanzi nasce da un’idea dell’Associazione culturale Verticale d’Arte è promossa e organizzata da quest’ultima in collaborazione con i Musei Civici di Ascoli Piceno e con il Patrocinio del Ministero dei Beni e e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Marche, del Comune di Ascoli Piceno, Associazione Italiana Città della Ceramica, Fondazione Marche Cultura e Marche Social Media Team”.

Per la prima volta nelle Marche è possibile contemplare in una considerevole personale le opere degli artisti di fama internazionale Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni: ventiquattro opere di diverso formato, cui si aggiunge un’installazione di grandi dimensioni creata site-specific per gli spazi della Sala Ceci della Pinacoteca Civica. Dislocate lungo il percorso espositivo del museo, imbastiscono un dialogo con i suoi spazi sontuosi e ricchi di storia, nonché con le opere ivi esposte, creando un vero e proprio “cortocircuito” – parola chiave per entrare nel mondo creato da Bertozzi & Casoni – tra antico e moderno, e proponendosi – come scrive Stefano Papetti – “come una naturale prosecuzione di quanto i saloni del Palazzo dell’Arringo offrono al godimento estetico del pubblico”.

Società fondata nel 1980 a Imola, la Bertozzi & Casoni è prima di tutto un sodalizio artistico che, nato già sui banchi di scuola dell’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Faenza e rafforzatosi poi nelle aule dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, vede protagonisti Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, Ravenna, 1961), i quali, a partire dagli anni Novanta, realizzano, con eccezionale abilità esecutiva e distaccata ironia, virtuosistiche opere scultoree prima in maiolica dipinta poi in ceramica policroma, in cui il livello altissimo di mimesis del reale crea tuttavia un paradossale effetto straniante per l’accostamento, tutto formale, degli oggetti più disparati.

La mostra, in particolare, ha come tema privilegiato il food in tutte le sue declinazioni: avanzi di cibo, rifiuti, lattine, rimasugli, pattumiere di lusso, ma anche fiori, farfalle, animali, giornali ed elementi della vita quotidiana che, sapientemente smembrati e riassemblati, compongono le insolite nature morte in ceramica che hanno reso celebri i due artisti. Le incredibili “sparecchiature”, così come i cestini straripanti di “pattume”, nonché i vassoi colmi di uova o di crostacei sono solo alcuni dei soggetti immortalati dagli artisti, che fanno pensare – come scrivono Elisa Mori, Giorgia Berardinelli e Silvia Bartolini – “a quelle nature morte del Seicento in cui la mela bucata e il fiore appassito, accostati alla corda rotta dello strumento musicale, al teschio, alla candela o magari alla clessidra, erano simboli che alludevano a quel senso di precarietà legato alla condizione dell’uomo in un’epoca segnata da guerre e pestilenze, ma che è tutto umano, connesso all’uomo e alla sua dimensione transeunte ed effimera”.

Attraverso il cibo, infatti, Bertozzi & Casoni lasciano una traccia profonda del passaggio umano, pur senza mai porre l’attenzione sulla figura dell’uomo in quanto tale, collegando, inoltre, le sue vestigia a quel senso di caducità del mondo, di vanitas e del conseguente horror vacui veicolato dalla futilità del materialismo e del consumismo moderno. Grazie alla ceramica, dunque, Bertozzi & Casoni donano a questi oggetti, che hanno fatto parte del vissuto dell’uomo e di cui lui stesso sembra essersi servito, una sorta di nuova vita “eterna”, poiché, sottratti alla deperibilità e trasformati in mirabolanti sculture, acquisiscono una nuova valenza che è quella della godibilità estetica, capace di sedurre lo spettatore – stupito e turbato a un tempo – perso nell’osservazione di tutti i particolari, anche quelli – apparentemente – minimi.